Tuesday 23 July 2013

Memories from nowhere

Non so cos’hanno di così speciale le commedie romantiche girate a New York negli anni ’90 (massimo primi anni 2000), ma di sicuro occupano da sempre un posticino importante nel mio cuore.
Questa sera mia mamma si chiedeva come fanno le persone delle grandi città a vivere in grattacieli dove non puoi nemmeno aprire una finestra per prendere aria. Io le ho detto che hanno l’aria condizionata. E lo so bene, dopo aver passato 10 giorni infagottata in un golfino e con i piedi congelati, dato che mi svegliavo immancabilmente alle quattro del mattino infreddolita e con la gola secca. L’unica cosa buona di essere svegli alle quattro del mattino a New York è poter guardare giù dalla suddetta finestra e godersi Times Square illuminata ma completamente vuota, salvo qualche raro, rarissimo passante. Al contrario di quanto narra la leggenda, ogni tanto dorme anche the city that never sleeps. Buono a sapersi. Di solito poi me ne tornavo a letto a finire di morire di freddo, per svegliarmi alle sette-otto del mattino e scoprire che gli uffici open air dell’edificio davanti erano già affollati da "apine" laboriose che scrivevano al pc o passavano ore al telefono. Non ho mai scoperto a che ora arrivassero i dipendenti, so solo che durante le mie incursioni notturne verso la finestra l’edificio era completamente buio e poi…puff, ad un certo punto della mattinata era già pieno di scribacchini seduti elegantemente alle loro scrivanie. Succede così a New York: è tutto veloce. Non sai bene quand’è che le cose accadono, ma accadono. Veloci.
Insomma, sì, stasera mi è venuta nostalgia della Grande Mela. Ci ho trascorso solo dieci giorni l’anno scorso, ma chi se la dimentica? E poi dieci giorni non bastano. Per niente. Ho fatto un sacco di cose in quei miseri dieci giorni, ho dormito si e no quattro ore a notte e non sono mai stata ferma un secondo. Eppure non sono neppure sicura di esserci stata davvero, a New York. Sono stati 10 giorni intensi e bellissimi che sono passati più veloci della luce divorando in un battibaleno emozioni, paure, felicità, corse in taxi, passeggiate sulla Fifth Avenue, parate di Pasqua, brunch, limousine, musica e shopping. Così ogni tanto mi viene quella maledetta voglia di essere lì, dove tutto è possibile. E io non intendo diventare famosi o conquistare il mondo. Intendo respirare un po’ di magia, un po’ di “possibile”, appunto.


Prendiamo You’ve Got Mail (C’è posta per te) di Nora Ephron. Si svolge in una splendida New York anni ’90…ed in effetti in quale altro posto del mondo puoi conoscere in chat un uomo che, quando decidi – finalmente – di incontrarlo di persona, si rivela essere Tom Hanks, nonché il romantico uomo d’affari che ritenevi il tuo acerrimo nemico? E poi, bisogna amare per forza un film che inizia con “The Puppy Song” e prosegue con frasi come

"Don’t you just love New York in the fall?
o che rende il recarsi tutti i giorni da Starbucks per un caffé un’esperienza mistica e formativa:
The whole purpose of places like Starbucks is for people with no decision-making ability whatsoever to make six decisions just to buy one cup of coffee. Short, tall, light, dark, caf, decaf, low-fat, non-fat, etc. So people who don’t know what the hell they’re doing or who on earth they are can, for only $2.95, get not just a cup of coffee but an absolutely defining sense of self: Tall. Decaf. Cappuccino.
E vogliamo parlare di One Fine Day (Un giorno per caso)? Dov’è che la mamma in carriera Michelle Pfeiffer e il giornalista charmant George Clooney possono innamorarsi tra i mille impegni giornalieri e i figli da badare? A New York, ovviamente, possibilmente incastrati nel traffico di Manhattan con un vecchissimo cellulare con antenna incollato all’orecchio e con in sottofondo un mix di romantiche canzoni di Carole King e Van Morrison.
Più di recente abbiamo avuto Maid In Manhattan (Un Amore a Cinque Stelle): la cameriera e il ricco uomo politico. Cliché? Cenerentola e il principe? Ok, forse. So di avere un’insana passione per le commedie a lieto fine. E’ che il lieto fine l’ho visto così raramente nella vita vera, che sono alla ricerca di un sanissimo tocco naïf, almeno nei film. E poi, chi non vorrebbe nascere nel Bronx e poi fidanzarsi con Ralph Fiennes? Suvvia. Anche se la parte migliore del film, per quanto mi riguarda, è Stanley Tucci che – nei panni di dog sitter – sussurra:
Kill, Rufus, Kill!“.
Insomma il film farà anche venire il diabete, ma io non posso fare a meno di sciogliermi quando partono le note di “I’m coming out” ed iniziano i preparativi per trasformare Jennifer Lopez in una bomba sexy (non che ci voglia molto). 
E non voglio nemmeno iniziare a parlare di Serendipity e di John Cusack e le piste da pattinaggio newyorkesi nel periodo di Natale perché potrei non fermarmi più. Quello che voglio dire è che ogni tanto tiro fuori una vecchia videocassetta e mi accoccolo sul divano a godermi uno di questi “classici”. Quando la nostalgia di qualcosa di indefinito inizia a farsi sentire, so che è il momento di rispolverare un vecchio film o ascoltare qualche canzone del buon vecchio Frank. Ma cos’è che mi manca? Un posto in cui ho vissuto si e no dieci giorni e che non posso certo dire di aver visitato come si deve? No. Mi manca una piccola parte di vita che non so più neanche io se ho vissuto o meno, che forse ho sperimentato in un universo parallelo. 


Il fatto è che ci vogliono anni per sognare New York ed un secondo per amarla: è una città – strano a dirlo – dove chiunque può sentirsi a casa, dove chiunque sente di aver trascorso almeno un po’ del suo tempo, in fondo. Vi siete consumate gli occhi su Mr. Big o avete rovinato la videocassetta di When Harry Met Sally a furia di rivederla? Allora siete stati a New York anche voi. E la cosa più bella è che a volte basta tirar fuori uno di questi film per riappacificarsi col mondo quando si è depressi, perché sono piccole perle che curano le ferite quando si è tristi, come una cioccolata calda e un morbido plaid nelle sere di inverno mentre fuori piove. Sono qualcosa di caldo, familiare, intimo e romantico. Da guardare ogni tanto con regolarità, per ricordarsi che fuori, da qualche parte, il mondo può ancora essere un posticino accogliente e magico. Almeno nei film.

E come direbbe Kathleen Kelly:
"So much of what I see reminds me of something I read in a book, when shouldn’t it be the other way around? I don’t really want an answer. I just want to send this cosmic question out into the void. So good night, dear void.”
-S.

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